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Non riuscire a sognare

L’insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dalla presenza di un problema ad addormentarsi o mantenere il sonno, che spesso non è riposante, oppure una combinazione dei due avvenimenti che dura almeno tre notti durante una settimana, per un periodo di almeno tre mesi e che causa difficoltà a livello sociale e lavorativo.

L’insonnia cronica induce deterioramento dell’umore e della motivazione, un abbassamento del livello di energia e dell’attenzione e un aumento della sensazione di affaticamento e malessere. Si tratta di un disturbo molto diffuso, che interessa circa il 30% della popolazione (e il 50% degli over 50), più frequente nelle donne e negli anziani.

L’insonnia si definisce ‘primaria’ quando si presenta come forma indipendente e autonoma per eziologia e sviluppo, mentre è detta ‘secondaria’ se è conseguenza di un’altra condizione medica o psichiatrica.

La difficoltà di addormentamento e a prendere nuovamente sonno dopo risvegli precoci al mattino, i risvegli frequenti durante la notte sono tratti caratteristici dell’insonnia di quei soggetti affetti da disturbo dell’umore, mentre nelle persone con disturbo di ansia generalizzata, è invece prevalente una difficoltà a dormire in maniera continuativa, mentre in genere non è presente una difficoltà a prendere sonno.

La mancanza di sonno porta a un crescendo di sentimenti di disperazione, frustrazione e rabbia rispetto al fatto di non riuscire a dormire, inoltre confusione, facile distraibilità e incapacità a concentrarsi e pensare affliggono le persone deprivate dal sonno. I pensieri sono focalizzati in maniera eccessiva sul fatto di riuscire a dormire e di mantenere il sonno (“e se nemmeno stasera riuscissi a dormire?”, “non ci vorrebbe proprio un’altra nottata in bianco!”, “devo assolutamente riuscire a dormire”, “domani ho una giornata impegnativa, non posso permettermi di non dormire”), la persona si “sforza” di dormire con il risultato paradossale di rimanere sveglio a causa di questi pensieri intrusivi che impediscono il rilassamento fisico e psichico necessario per dormire.

Da uno studio condotto da Daniel Kay, docente di psicologia, ricercatore presso la Brigham Young University è stato dimostrato che negli insonni c’era la chiara percezione di essere svegli, anche quando il cervello risultava nell’evidente fase del sonno, in quanto la diminuzione dell’attività nervosa nelle zone responsabili dello stato di coscienza, è più lenta.

Alcune ricerche sono state dedicate allo studio degli effetti psicologici della privazione di sonno negli esseri umani.

Dopo novanta ore di veglia alcune persone cominciano a soffrire di allucinazioni. Il tempo pare allungarsi e restringersi come una fisarmonica. A volte brevi sogni si intromettono nella veglia ed è difficile distinguere questi fugaci eventi dalla realtà. Quando tornano a dormire si assiste a un vistoso recupero del sonno paradosso, chiamato rimbalzo REM. Si è scoperto che l’alcol e le benzodiazepine riducono il sonno REM fino ad annullarlo. Gli alcolisti devono continuare a bere per impedire che la fase REM non compaia addirittura nella veglia provocando le allucinazioni tipiche del delirium tremens. La privazione di sonno indebolisce il sistema immunitario. Qualsiasi persona viene deprivata del sonno per un congruo periodo di giorni muore per infezioni diffuse. ( Fabbro, 2010)

Sembra che, in realtà, ad influire sulla qualità del sonno non sia tanto la frequenza degli eventi di vita stressanti, quanto piuttosto la risposta a tali accadimenti (Drake, Roehrs e Roth, 2003).

Molte persone soffrono di insonnia perché pur volendo dormire, temono di perdere il controllo della situazione abbandonandosi al sonno, più precisamente hanno paura di sognare, di addentrarsi nei terreni dell’Inconscio e fare i conti con il suo linguaggio onirico.

Per Jung un incubo è un messaggio che il sogno manda in maniera sempre più forte perché il messaggio stesso non viene recepito dalla coscienza. La presenza di un incubo indica in primo luogo una cattiva relazione fra coscienza e inconscio, una frattura tra questi due mondi. Sempre Jung scrive in “Psicoanalisi e Psicologia Analitica”: «La maggior parte delle crisi o delle situazioni pericolose ha un lungo periodo di incubazione, che la psiche cosciente non percepisce. I sogni però possono lasciar trapelare il segreto».

Recentemente è stato anche ipotizzato che la funzione del sonno, di cui il sogno è parte fondamentale, sia inoltre quella di reintegrare le capacità della mente di affrontare la vita di relazione e quella intrapsichica, elaborando tutti i contenuti che, durante la veglia, sono stati assimilati.

Il sogno potrebbe essere la rappresentazione del lavoro elaborativo onirico che consentirebbe di “disintossicare” i livelli mentali dall’eccesso di percezioni ed invasioni subite durante la giornata, ristabilendo l’equilibrio alterato e, allo stesso tempo, la mente, assimilerebbe alcuni elementi dell’esperienza diurna, integrandoli nei livelli più profondi.

Se la situazione profonda non viene sanata nel lavoro onirico, il sogno tende a trasformarsi in un incubo che porta l’individuo a svegliarsi, a richiamare cioè l’intervento della coscienza che lo allontana da quello stato di contatto coi livelli profondi che vengono recepiti come troppo pericolosi per l’equilibrio mentale del momento. Anche l’insonnia potrebbe avere in quest’ottica una funzione difensiva dal contatto con aspetti inconsci capaci di alterare la coscienza durante il sonno.

Ferro concepisce il sogno come un processo digestivo, che ci aiuta a metabolizzare il mare di emozioni, eventi e sensazioni che ci affollano la mente. Quando ci sono esperienze che rimangono sullo stomaco, risultano indigeribili. La capacità di sognare è indice che è in atto un processo di metabolizzazione.

Una buona parte della psicoanalisi di oggi sostiene che il disagio mentale sia generato anche dall’incapacità di vivere in sogno certi stimoli. L’analista deve aiutare il paziente a sognare quello che non è stato capace di sognare da solo.

Ancora Ferro sostiene: «Sognare è mettere in scena del materiale almeno parzialmente metabolizzato e che trova un modo per organizzare possibili significati. E ha per certi versi un effetto catartico, è una sorta di tragedia greca che ci avvicina a quanto avviene nella nostra mente».

Credit image: IG @Paul Blow

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